La casa, come il corpo, ha bisogno di equilibrio. E proprio come non esiste un alimento miracoloso capace da solo di renderci sani e forti, non esiste un solo materiale, un solo stile, una sola regola progettuale che garantisca benessere.
Lo dico spesso, anche nei corsi: progettare una casa è come preparare un buon pasto. Serve varietà, attenzione, misura. Serve comporre.
Una parete di argilla può aiutare a regolare l’umidità. Un legno non trattato può profumare l’aria e renderla viva. Un pavimento in pietra naturale, se accostato con intelligenza alla luce, può diventare una superficie che rinfresca, che connette. Ma tutto dipende da come metti insieme le cose.
La cosiddetta “casa bio” non è fatta di ingredienti magici: è fatta di scelte coerenti. Come nella dieta mediterranea, conta più la struttura complessiva del piatto che il singolo alimento.
Inutile riempirsi di parole come “green”, “naturale”, “ecologico”, se poi si progetta in modo scollegato dalla vita vera. Dalle abitudini, dalle esigenze, dal clima, dai ritmi.
La sostenibilità reale non è mai rigida. È elastica, misurata, adattiva. E richiede una forma di buon senso profondo, che è più vicino alla cultura contadina che alla moda del momento.
Per questo, ogni volta che inizio un nuovo progetto, mi domando: qual è il mix giusto per questa casa? Quale l’equilibrio tra traspirabilità e protezione? Tra apertura e riparo? Tra luce piena e ombra?
La risposta non è mai la stessa. Ma il principio è sempre valido: mescolare bene, con criterio, con rispetto.
Progettare così non significa rinunciare alla bellezza. Significa capire che la bellezza vera, quella che dura, nasce sempre da un buon equilibrio interno. Proprio come la salute. Proprio come noi.