Diciamolo subito: questo non è l’ennesimo coffee table book che fa bella mostra di sé senza dire nulla di nuovo. Monica Khemsurov e Jill Singer hanno scritto qualcosa di diverso, che avremmo potuto benissimo scrivere noi di RAREMOOD, e francamente era ora. L’allineamento di pensiero tra noi e loro è strabiliante. In un panorama editoriale saturo di guide che ti dicono dove mettere il divano e quale colore scegliere per le pareti, “How to Live with Objects” ha il coraggio di fare una domanda più profonda: ma davvero hai bisogno che qualcun altro ti dica come vivere?
Il libro funziona perché parte da un presupposto rivoluzionario: che tu, lettore, non sia un idiota. Che tu sia capace di capire se un oggetto ti piace o no senza che le riviste di architettura te lo confermino. Le autrici, forti della loro esperienza decennale con Sight Unseen – una delle poche pubblicazioni di design che effettivamente scopre talenti invece di ripetere le solite formule – demoliscono con elegante ferocia il mito dell’interior design “perfetto”.
Cosa rende unico questo libro? La sua inutilità programmatica. Mentre ogni altro manuale ti promette di trasformarti in un designer, Khemsurov e Singer ti liberano dall’ansia di doverlo diventare. Il loro sistema di categorizzazione – vintage, contemporaneo, fatto a mano, sentimentale – non è una formula magica ma un framework per capire perché quella sedia di recupero funziona meglio del costoso pezzo di design che “dovrebbe” starci.
Le home tour incluse sono la vera prova del fuoco. Non i soliti appartamenti da rivista dove tutto è coordinato al millimetro, ma case vere di persone vere. Kim Mupangilaï che espone oggetti portati dal padre dal Congo. Lykke Li che spiega perché il suo tavolino Gae Aulenti la aiuta a scrivere canzoni. Storie che trasformano gli oggetti in biografie, non in complementi d’arredo.
Il valore pratico emerge proprio dall’approccio anti-pratico. Invece di regole ferree, ottieni permessi. Permesso di comprare quella ceramica strana al mercatino. Permesso di tenere il vaso brutto della nonna. Permesso di mescolare il design scandinavo con il kitsch da bancarella senza sentirsi in colpa. È psicoterapia mascherata da guida di stile.
Ma attenzione: non è un libro per tutti. Se cerchi istruzioni step-by-step per “fare bella figura”, guardati altrove. Se invece vuoi capire perché la tua casa piena di oggetti casuali ti sembra più accogliente di quelle perfette su Instagram, allora questo libro diventa quasi necessario. Khemsurov e Singer non ti insegnano a decorare: ti insegnano a fidarti del tuo istinto.
L’unica critica seria riguarda il target implicito. Nonostante la retorica inclusiva, molti esempi presuppongono una certa disponibilità economica e soprattutto tempo per andare a caccia di pezzi nei mercatini. Il libro funziona meglio per chi può permettersi di sbagliare qualche acquisto, meno per chi deve far durare ogni oggetto una vita.
La vera genialata sta nel timing. Pubblicato nel 2022, proprio mentre emergevamo dall’era del “meno è più” pandemico, il libro cavalca perfettamente l’onda del ritorno al massimalismo consapevole. Non il massimalismo ostentativo degli anni ’80, ma quello selettivo di chi accumula storie, non status symbol. Le “storie”: proprio quello che noi di RAREMOOD cerchiamo ossessivamente in ogni oggetto.
Rispetto alla concorrenza editoriale, la differenza è netta. Dove Marie Kondo predica il distacco, loro celebrano l’attaccamento emotivo. Dove i guru dell’organizzazione promettono controllo, loro abbracciano il caos curatoriale. Dove altri libri vendono soluzioni, questo vende permessi.
Il risultato finale? Un libro che ha il coraggio di essere anti-commerciale pur essendo un prodotto commerciale. Che ti convince a comprare meno cose “giuste” e più cose che ti piacciono davvero. Che trasforma il design da disciplina estetica a pratica esistenziale.
In sintesi: in un mondo dove l’algoritmo ti suggerisce cosa comprare e l’influencer ti dice come disporlo, “How to Live with Objects” ti ricorda che la cosa più rivoluzionaria che puoi fare è fidarti del tuo gusto. Anche se è terribile. Soprattutto se è terribile.
Credit by: GSMT – “How to Live with Objects,” with “Sight Unseen” editors Monica Khemsurov and Jill Singer






